L'UNITA'

Pubblicato il da Luca Lapi

EPPURE L'HANDICAP E' UNA RISORSA...

Carissimo Luigi Cancrini,

ho 43 anni. Sono portatore di handicap (spina bifida e idrocefalo) dalla nascita. L'esperienza immediata che ne è derivata mi ha portato a considerare l'handicap un problema di difficile soluzione col quale sono costretto, per tutta la vita, a convivere e, convivendoci, mi ha portato, spesso, a piangermi addosso. Mi ha portato, da piccolo, a vederne soltanto i lati negativi (la sedia a rotelle, le stampelle, non potere fare tante cose che altri potevano permettersi quando e quanto volevano). L'esperienza che ne è derivata, però, a posteriori mi ha portato a considerare l'handicap una risorsa da porre al servizio dei più bisognosi ed una ricchezza da condividere con tutti. Mi ha portato, infatti, da adulto, a vederne, anche, i lati positivi: ho abbandonato la sedia a rotelle da molto tempo, quando avevo 11 anni, le stampelle non sono più una vergogna ma dei mezzi indispensabili per la mia autonomia, guido un'auto apposita, da 23 anni ho un inserimento terapeutico nell'ufficio di cui t'invio l'indirizzo.

Ho, appena, detto:"...LE STAMPELLE NON SONO PIU' UNA VERGOGNA...". Penso però sia indispensabile un chiarimento. Mi riferisco, infatti, al periodo in cui iniziai ad usare le stampelle (11 anni) e camminando per le strade della mia città incontravo dei bambini più piccoli di me che indicandomi col dito e rivolgendosi ai genitori facevano loro notare, a voce alta, quanto fossi buffo e quanto potessi sembrare piccolo (nonostante i miei 11 anni) poiché ero e sono, evidentemente, basso di statura. Provavo, veramente, vergogna allora in queste situazioni. Pensavo (poiché ignoravo, allora, che cosa, realmente, avessi) che si trattasse di una situazione temporanea e che non fossi, ancora, abbastanza cresciuto per potere camminare come tutti. Quando, invece, da adulto, ho capito tutto di me e dei miei handicap li ho accettati e, grazie alla mia fede cristiana, li ho accolti come un dono d'amore misterioso di Dio Padre e non come un Suo castigo verso di me.

Quando, oggi, incontro dei bambini che si comportano allo stesso modo di quellidi cui ho parlato non provo più vergogna: provo, soltanto, dispiacere e non per me ma per codesti bambini che considero non sufficientemente educati dai genitori oppure dalla scuola al rispetto verso tutti. Si tende, evidentemente, a educare, giustamente, i bambini ed i ragazzi che vanno a scuola al rispetto verso gli extracomunitari poiché, molto spesso, sono loro compagni di classe. Si tende, tuttavia, a trascurare l'aspetto dell'educazione al rispetto dei portatori di handicap poiché, sicuramente, la presenza di un portatore di handicap è una realtà molto più rara di quella della presenza di un extracomunitario.

Luca Lapi

Capita difficilmente di incontrare testimonianze come la sua. Parlare dell'handicap dall'interno non è semplice.

Raro è soprattutto che se ne parli senza rabbia e senza rivendicazioni: con la pacatezza e la pazienza con cui ne parla lei. Dando un insegnamento importante a chi dell'handicap parla o ha paura di parlare ma di handicap non ha esperienza o consapevolezza diretta. Perché, lo diceva Franco Basaglia, dovremmo permetterci di parlare di handicap e di handicappati solo dopo aver incontrato il nostro, di handicap. E non tutti lo incontrano, purtroppo, perché la tendenza forte dell'essere umano è sempre quella di non vedere i suoi punti di debolezza, l'handicap interno o esterno da cui è limitato.

Da qui bisogna partire,, forse, per capire perché è così difficile educare i bambini al rispetto del diverso anche qui, in Italia dove l'inserimento dei bambini diversi nelle scuole viene praticato regolarmente e per legge da più di 30 anni. Insegnanti di sostegno e gruppi di lavoro con l'handicap (G.L.H.) nascono da qui, dalla decisione con cui si superarono, allora, i ghetti delle classi differenziali e speciali e costituiscono una parte significativa ed importante delle attività di una scuola materna o elementare. Dando un contributo importante all'educazione del cittadino di domani.

Il problema serio che dobbiamo porci, a questo punto, è quello del perché questo tipo di provvedimento non è stato e non è sufficiente ad evitare non solo e non tanto la discriminazione, aperta o strisciante, dei portatori di handicap (contro cui è importante continuare a lottare sul piano politico e amministrativo) quanto, e soprattutto, quel tipo di comportamenti basato sulla decisione o sulla commiserazione, sull'intolleranza o sul rifiuto che troppe persone continuano a manifestare nel momento in cui si incontrano con portatori di handicap. Quello che conta, da questo punto di vista, non è tanto per me, però, che il bambino indichi ai genitori l'handicappato perché il bambino indica e chiede anche quando si trova di fronte ad una stella o a un fiore che non conosce.

Quella che conta è la risposta dell'adulto cui il bambino chiede. Proponendo al bambino occasioni di sviluppo molto diverse fra loro su un arco di comportamenti che va dalla vicinanza empatica alla persona che è stata colpita da un evento sfortunato alla paura di vederla, al fastidio o al bisogno di fuggire. E' sulle risposte dell'adulto e sulle emozioni che lui è capace di leggere dietro queste risposte, infatti, che il bambino struttura le sue convinzioni e i suoi comportamenti successivi.

Il fattore decisivo nel determinarsi di tali risposte va ricercato, d'altra parte, nei livelli di civiltà (o di educazione) e di maturità affettiva dell'adulto che spiega o che evita di spiegare. La cosa più evidente a chi guarda con occhi di clinico all'adulto spaventato, a quello che non crede o non sa rispondere e che insegna al bambino soltanto il fastidio e la paura, è, in effetti, la sua difficoltà a definirsi con esattezza di fronte a se stesso. Sono persone con problemi d'identità sessuale i nemici più accaniti degli omosessuali o dei transessuali. Sono persone con problemi importanti (e coperti) di patologia del senso morale quelli che inflessibilmente e rabbiosamente gridano la necessità di punire in modo esemplare chi commette dei reati. Sono persone di poca fede quelle che danno vita alle Inquisizioni o alle guerre sante. Sono persone profondamente malate dentro quelle che si spaventano o diventano aggressive di fronte ad un portatore di handicap. Perdendo l'occasione di incontrare sé stessi nella dimensione del rapporto con chi viene da una esperienza diversa dalla loro. Perdendo soprattutto la possibilità di arricchirsi nel confronto con persone che possono insegnare loro un modo diverso di vivere il tempo che abbiamo insieme la fortuna di poter vivere. In un mondo che è bello solo se è di tutti.

Luigi Cancrini

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